Thursday, July 08, 1993

Che monotono “Buovo d’Antona”

Alla Fenice la replica con l’orchestra
Abbiamo riascoltato Buovo d’Antona, di Tommaso Traetta, finalmente in scena con l’orchestra. Per il dramma giocoso goldoniano, il compositore “napoletano” aveva a disposizione una compagnia di canto di buon livello; la parte di Buovo fu scritta infatti per Piero Canevai mentre per la bella molinara Menichina Traetta aveva a disposizione Catenina Ristorini.
Le qualità vocali degli interpreti sono dunque alla base della scrittura musicale di un’opera che, seppur non propriamente un capolavoro, presenta pagine di nobile fattura e funzionali ad una drammaturgia che sfrutta collaudati espedienti. Bene ha fatto pertanto La Fenice a mettere in cartellone, in occasione del bicentenario goldoniano, un lavoro completamente dimenticato: le celebrazioni sono anche un momento di verifica.
Ma proprio perché Buovo d’Antona non é un capolavoro andava riproposto con interpreti in grado di valorizzarne i momenti più belli. Punti deboli dello spettacolo - ne abbiamo avuto una riprova anche l’altra sera - sono stati i giovani cantanti e soprattutto Alan Curtis.
Il musicologo americano ha optato per una piccola formazione orchestrale (più o meno una ventina di elementi) sicuramente vicina a quella utilizzata per la prima esecuzione del Buovo al San Moisè, ma l’ha diretta con estrema monotonia.
Mancavano, insomma colori espressivi e una vitalizzante ricchezza agogico-dinamica che rendesse giustizia al povero Traetta.
Unica conferma positiva l’allestimento di Pier Luigi Pizzi. Non più che cordiale l’accoglienza del pubblico.

Il Gazzettino, Mario Merigo