Thursday, May 08, 2008

Mistero Traetta

di Gianfranco Spada
Chi fosse veramente Tommaso Traetta, è una domanda che gli studiosi si sono posti molte volte. Sappiamo moltissimo sulla sua produzione artistica, molto circa le sue vicende biografiche e quasi niente sulla sua persona. Non sappiamo che aspetto avesse esattamente, i pochissimi ritratti dell’epoca che lo raffigurano sembrano contraddirsi, non sappiamo come fosse fisicamente, se era alto o basso, robusto o esile. Non sappiamo che tipo di persona fosse, che personalità avesse.
A Bitonto, sua città natale, gli si rende omaggio, tra l’altro, con una scultura che lo raffigura ma in pochi si sono chiesti se assomigli veramente all’artista, soprattutto perchè pochi sanno che la stessa fu realizzata a partire da un ritratto conservato tuttora a Napoli nel Conservatorio di San Pietro a Majella. Tale ritratto raffigura un Traetta in una età nella quale ormai non era più alunno di tale scuola e quindi un ritratto realizzato una volta riconosciuto il suo successo artistico in giro per il mondo, probabilmente quindi senza che egli stesso fosse presente di persona. Su Traetta le informazioni di tipo personale sono così esigue se relazionate con quelle della sua produzione artistica che sembra esserci una chiara volontà di occultarle. Un artista del calibro di Traetta, con contatti e relazioni lavorative internazionali, i cui servizi erano richiesti dalle più importanti Corti europee del Settecento, ha lasciato intorno a sè dopo la sua morte molte lacune a riguardo delle informazioni di carattere personale. Solo pochi documenti autografi sono giunti fino ai nostri tempi. Tutta la sua corrispondenza, che doveva essere abbondante, è misteriosamente sparita nel nulla. Se prendiamo in considerazione, anche solo per un momento, tutte le persone che hanno conosciuto Traetta, e che con il quale certamente devono aver avuto una corrispondenza molto intensa, in una epoca in cui non si conoscevano gli sms e la missiva era l’unico modo di comunicare, allora inizia a sorgere un mistero intorno alla figura di Traetta. Certo nessuno studioso di Traetta si sognerebbe mai di avere a che fare con la stessa quantità di lettere conservate indirizzate a musicisti dell’epoca come per esempio nel caso di Herr Mozart, del quale, grazie al suo epistolario, sappiamo tutto, forse troppo, mentre è sorprendente che di Traetta non se ne conservi quasi nessuna, nè inviata, né ricevuta. È difficile credere che la storia si sia accanita tanto con la figura di Traetta, fino al punto che ancora oggi c’è chi dibatte se il suo vero cognome fosse Traetta o Trajetta, e si ha quindi la sensazione che tutto questo sia frutto di una volontà segreta che metodicamente ha occultato, cancellato, eliminato tutto quello riguardava questo personaggio. Nemici a Traetta non ne mancavano, dalle sue lettere avremmo potuto capire forse troppe cose che alla nascente storiografia musicale tedesca non facevano comodo. Forse i grandi pilastri della musica tedesca, Haydn, Gluck, Mozart, Beethoven, non avevano poi fondamenta così solide, e avrebbero potuto vacillare se queste informazioni avessero visto la luce. Giorgio Taboga, forse ci dà qualche indizio, nei suoi diversi libri, con i suoi studi relativi al musicista Lucchesi, o con le sue ricerche sugli ultimi giorni della vita di Mozart, dove svela l’evidente sforzo fatto dal suo entourage per trasformarlo in un mito, o con la riattribuzione di molta della produzione musicale che Haydn firmava in Estrehaza senza aver composto e che veniva comprata regolarmente a Lucchesi o allo stesso Traetta.
Sono molti gli interrogativi cui è difficile rispondere, però ve ne sono alcuni che sono ancora più indicativi se pensiamo che lo stesso Mozart, nonostante la sua fama sia stato sepolto in una fossa comune e i suoi resti volgarmente frammisti ad altri, mentre Traetta, in teoria meno importante, sia stato sepolto con tutti gli onori nella città della Opera, Venezia, nella navata principale della chiesa della musica, l’Ospedaletto, dove con un trattamento non comune per un musicista, è stato onorato con una lapide tombale a lui dedicata.
Ci si potrebbe dunque consolare con i suoi resti mortali, direbbero alcuni, gli studiosi di Mozart non hanno questo privilegio, però è proprio qui che inizia il mistero più grande.
Nel 1980 infatti i resti mortali, in coincidenza con i 200 anni della sua morte, vennero riesumati e traslati da Venezia la città dove Traetta aveva deciso di morire ed essere sepolto, alla città natale Bitonto dove Traetta solamente passo alcuni anni della sua fanciullezza. In questa strana cerimonia di traslazione vennero realizzate da Mario Moretti, fervente traettiano, alcune fotografie dei resti mortali, alle quali ho avuto accesso recentemente, e che ancora una volta infittiscono maggiormente il mistero Traetta.
Queste fotografie ritraggono il processo di riesumazione dei resti mortali dalla tomba dell’Ospidaletto, prima di essere traslati. Si tratta infatti di una serie di sei fotografie scattate man mano che i resti erano recuperati e venivano appoggiati su un tavolino bianco. L’ ultima della serie, quella dove ormai tutti i reperti ossei sono esposti viene realizzata lateralmente e si vede chiaramente il profilo craniale di Traetta. Sin dalla prima visione di questa fotografia, e nonostante la mia ignoranza in materie mediche, mi resi conto che il numero dei reperti ossei era molto esiguo, almeno questa era la sensazione, però il mio dubbio non aveva fondamento visto il processo di conservazione di tali resti: in teoria nessuno li aveva toccati durante i duecento anni trascorsi. Contattai allora personalmente con Mario Moretti, l’autore delle foto, che volentieri mi raccontò tutti i dettagli di quella riesumazione, e la cosa che più mi sorprese fu che non si approfittò dell’occasione per fare degli studi scientifici, una completa ed esaustiva analisi dei resti, che avrebbe potuto fornire importantissime informazioni sulla personalità di Traetta. Lo stesso Moretti mi raccontò che alcuni degli organizzatori si opposero perfino alla possibilità di scattare delle fotografie, forse in un ulteriore tentativo di voler nascondere qualcosa.
Decisi allora di mettermi in contatto con un noto archeologo e antropologo forense il Dott. Matteo Borrini, autore tra l’altro del libro Archeologia Forense, per poter realizzare un esame visuale delle fotografie.
L'archeologia e l’antropologia forense sono discipline largamente impiegate nel mondo anglosassone nei casi in cui la Magistratura e l’Autorità Giudiziaria si trovano ad indagare sul rinvenimento di resti scheletrici altamente decomposti e deteriorati.
L'analisi antropologica e antropometrica dei resti umani, come mi spiegò il dott. Borrini, può fornire un'ampia gamma d'informazioni circa il soggetto a cui appartenevano.
Attraverso l'esame morfologico è possibile procedere ad una stima del ceppo di appartenenza, e con apposite formule di regressione si può calcolare l’altezza del soggetto, così come dallo studio delle inserzioni muscolari, degli indicatori di stress funzionali e delle tracce di alterazione patologica si può risalire allo stile di vita, le abitudini occupazionali e la storia biologico-sanitaria.
Evidentemente tutti questi studi e molti altri ancora solo possono essere realizzati su i resti fisici, però il dott. Borrini si è prestato in questa prima fase ad analizzare solo visivamente le fotografie per poi in futuro se c’è ne fosse la possibilità poter approfondire lo studio.
I dubbi che manifestavo al dott. Borrini erano principalmente tre: l'esiguità dei reperti ossei, la compatibilità del profilo craniale con la iconografia conosciuta di Traetta, e la compatibilità delle cause conosciute della morte con i resti realmente incontrati.
La risposta del dott. Borrini fu per me sconcertante, riporto testualmente una parte del sue conclusioni preliminari:“ sicuramente il cranio è quello di un maschio di mezza età visto lo sviluppo dei rilievi sopraorbitari, fronte bassa e sfuggente, presenza di alveoli dentari beanti. I resti ossei sono effettivamente piuttosto esigui, nel senso che non sono tutti quelli che dovrebbero comporre un corpo umano (207 ossa). Sembrano mancare denti e mandibola, che sarebbero sicuramente di grande aiuto dal punto di vista delle analisi. La superficie delle ossa sembra incrostata di terra o altro materiale che potrebbe aver trattenuto interessanti indizi, come capelli, fibre del vestito funebre, resti di insetti che potrebbero analizzare con le moderne tecniche forensi. Inoltre si vede una frattura recente del femore sinistro, forse causata dalle operazioni di riesumazione.”

È difficile credere come sia possibile che manchino denti e mandibola, nessuno mai aveva avuto accesso in precedenza ai resti di Traetta e poi quella frattura recente, causatagli forse nella fase di riesumazione che in teoria era stata rigorosamente preparata ed eseguita. Purtroppo è un ulteriore mistero ai tanti che già circondano la figura di Traetta. Forse è arrivato il momento di svelarne qualcuno. Forse è arrivato il momento di fare un accurato studio di questi resti che sciolga definitivamente questi dubbi e fornisca nuove ed importanti informazioni sulla figura di Traetta. Lo stesso dott. Borrini sarebbe disponibile a collaborare in questo studio come ha già fatto per esempio con i resti di San Venerio del quale ha realizzato con tecniche forensi anche una ricostruzione facciale. Come egli stesso mi ha spiegato: "la tecnica forense della ricostruzione facciale può essere applicata non solo a scopo d’indagine, ma anche per finalità storico-scientifiche per riportare alla luce il volto di personaggi storici di cui si conservano solo i resti scheletrici e poche raffigurazioni artistiche, generalmente poco attendibili perché spesso non coeve e frutto comunque di approssimazioni dettate dalle mode iconografiche dei vari periodi. Avendo a disposizione le ossa del cranio, e quando possibile anche quelle dell’intero corpo, è infatti possibile svolgere uno studio antropometrico sull’individuo, delinearne la costituzione, lo stile di vita e la tonicità dei muscoli che lasciano delle precise tracce sulle ossa a seconda del loro sviluppo; tutti questi dati vengono fatti convergere in un profilo biologico che costituisce la base della ricostruzione facciale. Un'operazione quindi che si basa su reali conoscenze mediche e anatomiche, oltre che antropologiche. In questo modo è il cranio stesso, senza alcun intervento arbitrario da parte dell’esecutore, a modellare la fisionomia del soggetto restituendo così il vero volto che Traetta avrebbe avuto al momento della morte".
Sicuramente questo studio sarebbe interessante, svelerebbe più di un mistero, ci darebbe moltissime informazioni della sua personalità e definitivamente ci farebbe conoscere il vero aspetto di Traetta che secondo le prime analisi visive del dott. Borrini avrebbe avuto una fronte bassa e sfuggente, un aspetto quindi che non sembrerebbe coincidere con il suo ritratto più conosciuto, quello usato come modello per realizzare la scultura esposta oggi in una delle piazze più importanti della sua città natale, Bitonto.
Gianfranco Spada, Traetta.com

Sunday, April 15, 2007

Feliz cumpleaño Tommaso

Este año se conmemora el 280 aniversario del nacimiento del músico italiano Tommaso Traetta. Transcribimos el artículo de Alberto de Angelis publicado en ocasión del 200 aniversario de este acontecimiento en la Revista de Música, editada en Buenos Aires, en el mes de agosto de 1927, ilustrado con la imagen que contenía en separata.

El segundo aniversario de un célebre músico italiano: Tommaso Traetta
El nombre del músico Tommaso Traetta, brillante gloria de Puglia - y del cual se ha celebrado recientemente el segundo aniversario de su nacimiento (30 de marzo 1727) - era casi un desconocido para la mayoría de los mismos italianos de la generación actual, antes del año 1922, en que, por iniciativa de su biógrafo Antonio Nuovo, un Comité surgió en Bitonto a fin de honrar al sumo ciudadano.

Varias publicaciones biográficas aparecieron en tal ocasión y proyectos de concreta iniciativa del entonces Sub-Secretario de Bellas Artes Hon. Giovanni Caló, el cual hizo exhumar y transcribir de la Gran Biblioteca de Berlín, el autógrafo del Stabat Mater del genial compositor, con el objeto de hacerlo ejecutar en Roma.

Fue aquella la primera composición de Traetta cuando apenas tenía diez y ocho años, mientras era todavía alumno del Conservatorio de Santa María de Loreto en Nápoles.

Como compositor sacro – afirma Grossi, uno de sus biógrafos, - fue “fulgurantemente sentimental, verdaderamente divino, al tratar asuntos litúrgicos, destinados a conmover y a purificar el animo transportándolo y elevándolo de la tierra al cielo”.
Tal juicio es, ciertamente, enfático, especialmente se piensa en la grandiosidad de las composiciones de los inmortales compositores italianos de música vocal sagrada del siglo precedente. Pero no se puede negar que las Misas, los Motetes, las Letanías del maestro pugliese se hallen impregnadas de un lirismo capaz de elevar y conmover los ánimos.

Pero mucho más vasto renombre debía conquistar Traetta como autor de cerca de cuarenta melodramas de género serio y bufo, compuestos entre los años 1745 y 1779, y de los cuales se recuerdan especialmente: Fernace, con el cual inició su carrera teatral y que fue representado en el “Teatro San Carlo” de Nápoles en el año 1750, Ezio, con libreto de Metastasio, Le nozze contrastate, ópera cómica representada por primera vez en Roma, L´incredulo, La fante furba, Buovo d´Antona, con libreto de Carlo Goldoni, Zenobia, Semiramide e Hipólito e´Aricia, estos dos últimos considerados como sus obras maestras.

Pero, para entender bien la importancia y la originalidad de la producción melodramática de Traetta, por la cual su nombre ha traspasado los confines de su patria hasta llegar a ser exaltado por los entendidos en música de todo el mundo, es necesario situarse en las condiciones artísticas de su tiempo. Es un hecho que la música en Italia en el siglo XVII, estaba en decadencia por culpa, especialmente, de extravagantes y abtrusos contrapuntistas del otro lado de los Alpes que se abandonaban a los caprichos más inmoderados y procuraban el simple esparcimiento mecánico de los sonidos, por un exclusivo deseo de novedad.

“Las disonancias que debían usarse solamente con sobriedad, a su tiempo y su en lugar – escribía Arteaga en su famosa obra Rivoluzioni del teatro musicale italiano – fueron prodigadas fuera de todo propósito; se multiplicaron hasta el infinito las preparaciones, las resoluciones y los pasajes; se intentaron toda suerte de floreos y de ornamentos postizos”.

Para poner freno a esta degeneración de la música y para llevar a ésta a su verdadera función de expresar con naturalidad los sentimientos humanos, se pusieron en movimiento algunos grandes músicos alemanes e italianos, y entre estos, particularmente, los músicos que constituían la gran escuela napolitana de la cual fue portaestandarte Alessandro Scarlatti y principal continuador Francesco Durante. Este, que Jean Jacques Rousseau proclamó “el mas grande armonista de Italia”, amplió los preceptos de Scarlatti, exponiéndolos con mas claridad y ordenándolos con tal método progresivo que dio vida a aquella grandiosa escuela productora de compositores que con su nombre se extendió a todos los países.

Los primeros fueron Giovanni Battista Pergolesi, Tommaso Traetta, Nicoló Jommelli, y, mas tarde, con fisonomía algo menos grave y menos clásica, Nicola Piccini, Antonio Sacchini, Pietro Guglielmi (del cual también este año tiene lugar el segundo centenario de su nacimiento), Giovanni Paisiello, Fedele Fenaroli y Domenico Cimarrosa.

La reforma se impuso en toda Europa en mérito a la difusión que de ella hizo el español Domingo Terradellas, quien había estudiado en Nápoles con Durante, así como también habían estudiado en Nápoles Adolph Hasse con Scarlatti y Joseph Haydn con Nicola Porpora.

Ya en sus primeras obras, el compositor de Bitonio dio pruebas de un vigor dramático y de un atrevimiento en las modulaciones que hacían presagiar en él al futuro reformador del melodrama.
Fue el primero en encarar la música teatral en sentido verdaderamente clásico con Hipólito e Aricia, precediendo en esto hasta a Cristóbal Gluck el cual, si bien nacido trece años antes que Traetta, se asoció a la ardua empresa bastantes años después de que el maestro de Bitonto se hubiese lanzado a la misma.

Y Gluck – es necesario no olvidarlo – tuvo por colaborador al poeta Calzabigi, a cuya influencia se debe en buena parte la afirmación de la reforma que se conoce con el nombre de Cristóbal Cluck y que, históricamente, fue a su vez precedida por Traetta.
Tuvo también este maestro colaboradores bastante eficaces – cantantes, escenógrafos y dibujantes de la época – y especialmente el libretista Carlo Innocenzo Frugoni. Solamente que, a diferencia del binomio Gluck-Calzabigi, aquí en cambio, era Traetta quien poseía la clara y potente voluntad de la reforma, al punto de rendir al poeta, esclavo de sus originales espejismos teatrales, obligándolo a repetidos cambios y modificaciones en los libretos.
Fatiga tan fastidiosa para Frugoni, que le indujo a dedicar al músico una cuarteta rencorosa que razones de decencia nos aconsejan no reproducir.

Ippolito e Aricia de Traetta fue representado con gran éxito en el “Teatro Ducale“ de Parma en el año 1759, esto es, tres años antes el Orfeo de Gluck.

Al libretista Carlo Inocencio Frugoni así le escribía Franceso Algarotti: "El Soberano ha visto las dos primera representaciones con sumo placer. Hoy vuelve de Colorno para escuchar la tercera y cada semana, una o dos veces, hará lo mismo. El teatro está llenísimo siempre. La música es divina y divinamente canta y representa la Gabrielli. Los otros actores cumplen muy bien sus partes. Las decoraciones son magníficas”.

En las primeras representaciones de sus óperas, hallándose, como era de costumbre, Traetta ante el clavicémbalo, a fin de tener despierta la atención del auditorio, tenía el hábito de volverse el público diciendo: “Señores, observad y prestad atención a este trozo”, y el público aplaudía casi siempre estas expresiones simples e ingenuas de su justo orgullo de artista.

Para la representación de sus óperas, Traetta, además de las principales ciudades italianas, Nápoles, Roma, Florencia, Reggio Emilia, Venecia, Verona y Turín, estuvo también en Munich, San Peterburgo – cuyo clima riguroso comprometió irreparablemente su salud – y Londres.

Murió en Venecia en el año 1779 y fue sepultado en la iglesia de Santa María Assunta, donde una lápida lo recuerda dignamente a la posteridad, con esta inscripción:

Thomas Traetta
Bitunti nato
Sublimioris musices peritissimo
hujus chori
ad ampliatudinen artis suae
instaurati moderatori
optime merito
anno salutis MDCCLXXIX
aetatis suae LII
vita functu
monumentum positum.

Alberto de Angelis

Wednesday, July 12, 2006

L'anno Traetta

di Gianfranco Spada
Tommaso Traetta, maestro di cappella napoletano, un nuovo lavoro del musicologo Marco Russo, recentemente pubblicato, colma un vuoto che dura da più di un decennio negli scaffali delle librerie nella sezione musica, grandi compositori della storia. La lettera T dove normalmente si collocherebbe quest'interessante biografia, purtroppo non é molto frequentata, e se non fosse per il russo Tchaikovsky, molte librerie ne farebbero a meno, d'altronde la T, una delle ultime consonanti dell'alfabeto sempre coincide con la zona più inaccessibile dello scaffale, quella che quasi a contatto con il pavimento, obbliga ad assumere posizioni assurde per poter spulciare gli ultimi polverosi volumi.
Però non tutte le lettere dell'alfabeto meritano la stessa sorte, la M per esempio, occupa tutta una zona centrale che da sola colonizza più della metà dello scaffale, e per lo meno una ventina di biografie confermano la propensione che per questa lettera sembra avere Euterpe dea della musica.
Però non si confondano, la M è una zona proibita, è una specie di fortezza dominata da un solitario Kaiser che non ammette rivali, tutti quei volumi solo parlano di lui, che nonostante in Italia si facesse chiamare De Mozartini Amadeo, in tutte le librerie, costantemente lo troverete sotto la lettera M di Mozart. Questo caleidoscopico compositore festeggia quest'anno il suo duecentocinquantesimo anniversario, e visto che i biografi amano celebrare inspiegabilmente le ricorrenze con cifre rotonde, come regalo di compleanno gli hanno scritto e regalato decine di nuove biografie tutte uguali e tutte diverse.
Noi di Traetta.com che non sentiamo un grande interesse per i compleanni sopratutto se centenari, celebriamo quest'anno, con la biografia che Marco Russo ha appena dato alle stampe, il nostro particolare anno Traetta.
L'interesse di Marco Russo per Traetta non é nuovo, già in precedenza e sopratutto lo scorso anno aveva "scommesso" sulla figura del troppo trascurato compositore con la pubblicazione del libro Tommaso Traetta: i libretti della Riforma, Parma 1756-1776.
Però é in questo suo ultimo volume che si condensa l'attenzione dell'autore per l'intero percorso produttivo del musicista pugliese.
Il testo infatti attraverso un'attenta analisi di tutta la produzione traettiana, ricostruisce le tappe salienti del "pellegrinaggio" artistico che Traetta realizza nelle più importanti capitali della musica europea.
Questa biografia a differenza di molte altre scritte su Mozart o sullo stesso Traetta non si alimenta di aneddoti poco fondati né delle personali manie escatologiche (vedi le lettere di Mozart) che niente hanno a che vedere con la portata della produzione artistica. Né tanto meno prende parte alla stupida e arida disputa, come fanno precedenti biografie, sulla trascrizione corretta del giusto nome del compositore, ed evita di trattare Trajetta y Traetta, come se fossero due persone distinte.
Questa biografia é invece un'analisi seria, che lungi dal cadere nel facile aggiotaggio come altre precedentemente scritte da autori con impeto e furore conterraneo, mette ordine e rigore ad un'abbondante quantità d'informazioni che i biografi venivano trascrivendo senza arricchire con opportune verifiche.
Ci auguriamo che quest'imprescindibile volume serva a contribuire alla graduale riscoperta della musica di Traetta, che nonostante il crescente interesse, testimoniato sopratutto da numerose e frequenti rappresentazioni, tuttavia necessita di maggiori incoraggiamenti.

E per questo pregherei gli amici librai di non far mancare questo libro nel settore Musica sezione Biografie delle loro librerie, o se preferiscono in quel vuoto che talvolta riempiono con Gluck nella sezione Riforma del Melodramma.
Gianfranco Spada, Traetta.com


Marco Russo
Tommaso Traetta maestro di cappella napoletano
San Marco dei Giustiniani
Genova
2006

Saturday, October 08, 2005

Malina: Isabelle Huppert tra le fiamme dell’Antigona di Traetta

di Gianfranco Spada
Tratto da un romanzo autobiografico dell'austriaca Ingeborg Bachmann del 1971, il film Malina (1991) del regista Werner Schroeter con la sceneggiatura di Elfriede Jelinek, propone le vicende, in una sorta di enigma psicologico, di una scrittrice succube di Malina, un marito esageratamente razionale, che trova nell'amante la fiammata del desiderio, la scossa del piacere, la fuga esistenziale, uno struggente amore appassionato che diventa inesorabilmente deludente e angoscioso.
L’attrice Isabelle Huppert, impersona nel film una scrittrice che combatte con la propria frenetica scrittura, che riempie fittizie lettere mai inviate, tra terribili incubi popolati dalla figura incestuosa del padre in un continuo accendere e spegnere di sigarette. L'appartamento viennese dove lei e Malina vivono è abitato dal fuoco come da una profezia di morte, candele e fiammiferi accesi, roghi domestici, carte brucianti, fornelli, macchine per scrivere e telefoni fiammeggianti, un fuoco reale, metafora di un fuoco passionale, che brucia e consuma la tragedia della vita.
Tragedia ispirata dalle circostanze della morte della stessa scrittrice del romanzo, Ingeborg Bachmann, che nel 1973 morì bruciata viva in un incendio provocato dall’addormentarsi nel letto con una sigaretta accesa.
Nel film la Huppert è magnifica, espressione infinitamente mutevole, modo perfetto d'esprimere l'inquietudine irrefrenabile, intensità nervosa sempre al limite dell'esplosione: parla, grida ride, piange, soffre, e si muove con una disinvoltura dalla stravagante tragicità, che sfocia nel sublime e nel grottesco.
Werner Schroeter, il regista austriaco di "Nel regno di Napoli", "Maria Malibran", "Concilii d'amore" e di famose numerose messe in scena operistiche é un amante del melodramma, e della figura di Traetta.
Il suo interesse per il compositore si evidenzia già nel 1988, nel Festival dei Due Mondi di Spoleto, dove dirige la messa in scena di Antigona, con la presenza della soprano greca Jenny Drivala che riappare poi, nel film Malina, come figura eterea, un personaggio immateriale che canta ripetutamente, quasi ossessivamente l’aria “Non piangete i casi miei” della stessa Antigona.
L’universo cinematografico di Schroeter é allo stesso tempo ieratico e torturato, i personaggi principali dei suoi largometraggi sono spesso donne fragili che non riescono a conformarsi con le convenzioni della società e per questo s'incontra perfettamente a suo agio con quello folle della Bachmann, che conosceva profondamente.
La Huppert é senza dubbio l’attrice ideale per questo personaggio, un'intellettuale intelligente, dotata di una grande fragilità, spirito, sensibilità e straordinaria espressività e come lo stesso Schroeter un gran amore per la opera; passione che il prossimo giugno materializzerà nell'Opéra Garnier di Parigi, con il suo primo incarico nella direzione, della messa in scena dell'Ifigenia in Tauride di Gluck che con Traetta condivide la “riforma del melodramma.”

Con la sceneggiatura di Elfriede Jelinek, premio Nobel nel 2004, e autrice anche del romanzo “La Pianista” che la stessa Isabelle Huppert interpreta nel film omonimo di grande successo, Malina rappresenta sicuramente uno dei più riusciti film sulla vita di una scrittrice.
La musica di Traetta, che Schroeter potrebbe aver scoperto da studente di psicologia in Mannheim, dove lo stesso Traetta visse e operò, risulta un complemento perfetto per esprimere la tragedia, la passione, la disperazione che traspira dal romanzo della Bachmann, e la visione operistica del cinema di Schroeter.

Gianfranco Spada, Traetta.com


"Non piangete i casi miei,
non v'affanni il mio tormento,
quest’è l'unico momento
della mia felicità.
Fur sì barbari gli dei,
fu sì avversa a me la sorte
che riguardo la mia morte
come un segno di pietà
."
da Antigona



Malina
1991, 115’ min.
Regia
Werner Schroeter
Produzione
Kuchenreuther filmproduktion gmbh e zdf( zweites deutsches fernsehen) (germania), neue studio film [austria]
Attori
Isabelle Huppert, protagonista
Mathieu Carriere, Malina
Can Togay, Ivan
Isolde Barth, madre
Fritz Schediwy, padre
Soggetto
Ingeborg bachmann
Sceneggiatura
Elfriede Jelinek
Fotografia
Elfi Mikesch
Musiche
Giacomo Manzoni
Montaggio
Juliane Lorenz
Scenografia e costumi
Alberte Barsacq

















Friday, April 29, 2005

Traetta Opera Festival

di Gianfranco Spada
Prende il via nel recentemente ristrutturato Teatro Comunale Umberto I di Bitonto, città natale di Traetta, il progetto del Traetta Opera Festival, che vedrà l’allestimento del Il cavaliere errante, prodotto direttamente dal Teatro Comunale, nei teatri delle principali città europee, che ospitarono il percorso artistico di Traetta.
Il progetto del Traetta Opera Festival nasce dall’impegno della provincia di Bari ed il coinvolgimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Puglia ed i Comuni di Napoli, Parma e Venezia; della città di Manneheim; del Teatro dell'Opera di Stoccarda; dell'Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda, della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e dei Teatri di Bari.

Il cavaliere errante, dramma eroicomico, rappresentato con enorme successo lo scorso 16 Aprile a Bitonto, è una delle ultime composizioni di Traetta, che morì l’anno seguente alla sua rappresentazione tenutasi per il carnevale del 1778 al Teatro Giustiniani di S. Moise di Venezia.

Il dramma è una revisione di Giovanni Bertati dell'Opera semiseria e bernesca "Stordilano principe di Granata" una storia di amore contrastato tra il cavaliere Guido e la bella Arsinda, convinta con un incantesimo ad amare un altro.

La musica di Traetta, al culmine della sua carriera, raggiunge una espressività coinvolgente ed una ricchezza di scrittura di grande efficacia. Il valore di questa opera, con arie che nel settecento erano d'obbligo nei salotti mondani, come l'aria di "furore" di Arsinda, lo troviamo nell’importanza che essa rappresenta nella evoluzione del melodramma e può aiutare a comprendere come si è arrivati ai capolavori di altri grandi maestri; l’aria di Rossini: "Ho in testa un campanino che din din din mi fa" dell’Italiana in Algeri ne rappresenta uno degli esempi più evidenti.

Gianfranco Spada, Traetta.com


Il cavaliere errante
16/18/20/22 Aprile 2005
Teatro Umberto I, Bitonto

Maestro Direttore e Concertatore: Vito Clemente
Regia: Michele Mirabella
Maestro al Cembalo: Michele Visaggi
Maestro del Coro: Emanuela Aymone
Regista Collaboratore Arcangelo Adriani
Maestro Collaboratore e pianista: Emanuele Modugno

Interpreti:
Guido - Riccardo Bott (tenore)
Arsinda - Cinzia Rizzone (Soprano)
Stordilano - Claudio Ottimo (Baritono)
Melissa - Antonietta Cozzoli (Soprano)
Ismeno - Lorenzo Battagion (baritono)
Calotta - Giovanni Guarino (baritono)
Ruffina - Mara Monopli (soprano)


Scene e costumi- Lino Cavallo
Consulenza per la scenografia: Paolo Rovati
Direttore di Palcoscenico: Jorge Ruffa
Macchinista: Nicola Cambione
Elettricista: Pino Perulli
Organizzazione: Piero Luisi

Monday, April 11, 2005

Antigona, síntesis operística ilustrada

A pesar de no haber dejado apenas huella en el exiguo repertorio operístico actual, Tommaso Traetta (1727-1779) y Niccolò Jommelli (1714-1774) fueron los más grandes compositores líricos de un tiempo, mediados del siglo XVIII, asombrado hoy por la obra monumental del tándem formado por Christoph Willibald Gluck (1714-1787) y su libretista Raniero de Calzabigi (1714-1795). Sin presentar en ningún momento la radicalidad propia de la reforma de Gluck y Calzabigi, sería no obstante injusto considerar a Jommelli y a Traetta como compositores anclados en la tradición de la ópera seria italiana que había reinado indiscutiblemente con todo su esplendor durante el Barroco. Tanto Jommelli como Gluck y Traetta fueron compositores de la Ilustración, clásicos de la ópera, y todos, primero quizá Jommelli, se dieron cuenta del agotamiento y crisis de la ópera seria barroca pero, frente a la propuesta de Gluck que bebe directamente en las fuentes de la ópera humanista y se viste de novedad transgresora y reformista, lo que hacen Traetta y Jommelli es recibir la misma influencia de la ópera primigenia a través del desarrollo que ésta tuvo en Francia queriendo conciliar así la tragedia lírica francesa con la tradición belcantística italiana. Esta “síntesis clásica” operística, sin llegar nunca a tener la fertilidad de la síntesis vienesa con respecto a la música sinfónica, dio lugar sin embargo a un impresionante conjunto de obras penosamente apartadas de nuestro repertorio. Es muy posible que esta Antigona, testamento artístico de Traetta sobre un extraordinario libreto de Marco Coltellini (1719-1777), sea la punta de lanza gracias a la que recuperemos uno de los momentos operísticos más interesantes de la historia en el que el clasicismo de la tragedia lírica francesa, su espectacularidad e incorporación de elementos orquestales descriptivos al estilo Rameau, son recursos dramáticos que coexisten equilibradamente con el cultivo casi autónomo del arte canoro en arias y ariosos, de la misma manera que el recitativo acompañado coexiste con el recitativo seco que había sido eliminado por Gluck de su propuesta operística. Una ópera, la Antigona de Coltellini y Traetta, tan espectacular en los aditamentos escénicos, orquestales y corales, como abundante en arias virtuosísticas y precisa en la integración de los más variados elementos musicales dentro del desarrollo dramático.

Los autores

Tommaso Traetta nació en Nápoles en 1727 y se formó en el conservatorio napolitano de Santa María de Loreto con Nicola Porpora (1686-1768), maestro de Haydn y Farinelli, y Francesco Durante (1684-1755) con quien también estudiaron Piccinni y Pergolesi. Situado así en la encrucijada entre el Barroco y el Clasicismo, Traetta comenzó a componer óperas serias y cómicas para los teatros de Nápoles, Roma y Venecia durante los años 50. Contactó en ese tiempo con Jommelli, algo mayor que él, con quien se sabe que colaboró escribiendo cinco arias para la producción de Ifigenia in Aulide en el Teatro San Carlos en 1753.
Consciente ya de la crisis de la ópera metastasiana, en cuyo género había realizado composiciones notables, Traetta fue contratado por la corte de Felipe de Borbón en Parma, un príncipe español en una corte italiana absolutamente afrancesada. La estancia de Traetta en Parma, entre 1758 y 1765, fue la más fructífera de su carrera. Durante este tiempo, Felipe de Borbón y su primer ministro Guillaume du Tillot transformaron una ciudad provinciana en un centro cultural de primer orden. A pesar del predominio de lo francés, Du Tillot quiso tener en Parma ópera italiana y patrocinó la creación de un espectáculo mixto entre la tragedia lírica francesa y la ópera seria italiana siguiendo quizá la estela de lo que Jommelli estaba haciendo en Sttutgart en 1755 con sus óperas de inspiración francesa Enea nel Lazio y Pelope, y respondiendo, en definitiva, a las observaciones críticas que hizo Francesco Algarotti en su Saggio sopra l’opera in musica publicado en 1755, base intelectual de la reforma operística y el libro de reflexión acerca de la ópera más leído en el siglo XVIII. Para conseguir sus fines, Du Tillot contaba con un libretista firmemente asentado en Parma como Carlo Innocenzo Frugoni, con una prima donna como la discípula de Porpora, Caterina Gabrielli, y con la nueva contratación de Traetta que, congeniando perfectamente con Frugoni y con la Gabrielli, se situó en la vanguardia de los jóvenes compositores de ópera italianos. Estrenó entonces dos obras maestras como Sofonísba (Mannheim, 1762) e Ifigenia in Tauride (Viena, 1763), ópera esta última que incorpora ya ciertas influencias del Orfeo ed Euridice estrenado por Gluck el año anterior. La afinidad de la Ifigenia in Tauride de Traetta con la visión gluckiana de la ópera se puede intuir en el hecho de que Gluck dirigiera una interpretación de esta ópera en Florencia en 1767 e incorporara influencias de ella en su propia Iphigénie en Tauride compuesta al final de su carrera.
Después de la etapa parmesana y tras pasar unos años en Venecia como director del Conservatorio dell’Ospedaletto, Traetta llegó en 1768 a la corte de Catalina II de Rusia en San Petersburgo para encargarse de la dirección musical de la ópera imperial. Durante los primeros años de su estancia, no escribió música nueva digna de mención, pero en 1772, coincidiendo con la llegada a la corte rusa del libretista Marco Coltellini, que había sido el autor de la renovadora Ifigenia in Tauride de 1763, y de la soprano Caterina Gabrielli para quien había escrito sus mejores óperas en Parma, Traetta compone su obra más significada: la Antigona una obra maestra de la ópera seria reformada, creada desde una conciliación que permitía al compositor no sólo incorporar elementos espectaculares y concentrarse en el desarrollo dramático del argumento, sino explayarse también de vez en cuando con arias de un estatismo preciosista. Y es que, cuando Esteban de Arteaga, otro de los grandes teóricos de la ópera dieciochesca, se refirió a la música de Traetta como “siempre hermosa y, en ocasiones, sublime”, se refería sobre todo a sus arias, admiradas igualmente por Gluck.
Marco Coltellini, nacido en Livonio en 1719, llegó a San Petersburgo después de una azarosa carrera típica de no pocos libretistas de ópera. Había colgado los hábitos tras tener cuatro hijas con cuatro mujeres distintas y comenzó a escribir libretos de ópera al inicio de los años 60. Una de sus primeras obras, dedicada a Metastasio, fue criticada por éste por su complicado argumento, pero elogiada también por la “vivacidad de su poesía y la magia de su hermoso estilo, fresco, armonioso y lleno de imágenes e ideas”. En 1763, se estableció en Viena donde escribió una serie de libretos influidos por las obras de Calzabigi -quien le consideró en alguna ocasión como discípulo- y las ideas de Algarotti, cuyo Saggio sopra l’opera in musica había sido editado por el propio Coltellini. Escribe entonces la Ifigenia in Tauride con música de Traetta que es la primera ópera a gran escala compuesta en Viena -cuatro años anterior al emblemático Alceste de Calzabigi y Gluck- que incorpora elementos franceses, como coros, ballet, escenas complejas y múltiples concertantes, dentro de una estructura dramática italiana. Según algunos, por haber caído en desgracia con la emperatriz María Teresa, Coltellini tuvo que dejar Viena en 1772, estableciéndose en San Petersburgo probablemente atraído por la presencia allí de Traetta para el que escribe ese año la Antígona.
Coltellini terminará sus días misteriosamente en 1777, hay quien dice, sin demasiado fundamento, que envenenado por orden de la emperatriz Catalina; Traetta fallecerá dos años después en Venecia, después de haber dejado San Petersburgo en 1775. Su colaboración entre la Ifigenia in Tauride (Viena, 1763) y la Antigona (San Petersburgo, 1772), marca una época caracterizada por los distintos esfuerzos para revitalizar la decadencia postrera de la ópera seria.

Las claves de la obra

La fuente del libreto de Coltellini es la tragedia de Sófocles, pero frente a la catástrofe final del modelo griego, Coltellini opta por un final feliz cuya moraleja agradó por igual a los exigentes e ilustrados príncipes Catalina II de Rusia, para cuyo imperial teatro se escribió, y Federico II el Grande a quien está dedicado el libreto. La clemencia de Creonte, lejos de significar una claudicación, está argumentada de tal manera que resulta la decisión más sabia de un monarca ilustrado ante el dilema de ejercer su poder frente a los derechos humanos más elementales. Por otra parte, las acusaciones de innecesaria complejidad argumental de que fueron objeto las obras de Coltellini, se hacen patentes también en este denso libreto, cargado de introspección, que tiene como objeto presentar unos personajes muy corpóreos y con una fuerte caracterización psicológica para provocar en el espectador, más que una pasión superficial, una conmoción profunda. A cambio de esta mayor complicación en el argumento, la crítica concede a Coltellini la posesión de un estilo literario más elegante que el de Calzabigi.
Cada uno de los tres actos en los que se divide esta ópera se inaugura con un impresionante cuadro en el que se combinan los elementos más espectaculares de la paleta musical francófila de Traetta, actuando como contrafuertes arquitectónicos en la estructura dramática de la obra. El primer acto comienza con la alucinante pantomima de los dos hermanos de Antigona matándose el uno al otro; el segundo, con Antigona realizando en secreto el funeral nocturno de su hermano Polinice; y el tercero con Antigona, condenada por Creonte, preparándose para la muerte. En cualquier caso, aunque aparentemente esto se acerca a la máxima central del estilo de Calzabigi de presentar cuadros dramáticos impresionantes y autoexplicativos hasta el punto de hacer el texto prescindible; el modelo de desarrollo dramático de la Antigona es el italiano: los textos son muy necesarios y, para dar cauce musical a esos textos, ninguna de las formas habituales de la música dramática resulta extraña a Traetta que emplea todas con un criterio integrador y la maestría de quien se sabe dueño de un lenguaje lírico privilegiado y completamente maduro. Así, al habitual recitativo seco, se unen potentes momentos de recitativo acompañado, ariosos, cavatinas y arias cada vez más alejadas de los estereotipos barrocos del aria da capo. Pero uno de los aspectos musicales más relevantes del material musical empleado por Traetta es el uso de concertantes cuya función principal es evitar la tópica alternancia recitativo-aria que era el objetivo de las más duras críticas al modelo tradicional de la ópera seria. De este modo, los concertantes - cuatro grandes duetos y un trío, además de otros más convencionales - consiguen formar escenas musicales complejas en las que el aria queda perfectamente integrada en el edificio dramático que es la ópera. Esta preocupación por incorporar las arias al desarrollo dramático se observa también en aquéllas en las que Traetta escribe una especie de coda en la que participa un nuevo personaje que sirve para enlazar con la siguiente escena. Un claro ejemplo de esta organización, así como de la inteligencia transgresora que aplicaron Coltellini y Traetta en esta obra, se puede ver hacia la conclusión del primer acto cuando la conmovedora aria de Ismene, Ah giunto ivan credei, se une sin solución de continuidad con la entrada de Emone, dando lugar a un diálogo con Ismene que desemboca en el duetto en canon No, ti fida entre Emone e Ismene con el que concluye, con gran tensión, el acto primero, reemplazando así al habitual dúo de amor estático con el que suelen concluir los primeros actos de la ópera seria.
La siguiente escena, la primera del segundo acto, con un comienzo coral coronado por la célebre aria de Antigona Ombra cara, amorosa es, además del clímax lírico de la ópera, uno de los momentos cimeros de la lírica dieciochesca. En esta escena, como en tantos otros puntos de esta ópera, la influencia de Gluck es clara y la integración de la protagonista y el coro en la acción con las interjecciones de Antigona, Ah! Misero Polinice, no pueden menos que recordar de alguna manera el coro inicial del Orfeo ed Euridice.
A pesar de la relativa abundancia de personajes que dispersan la narración más esencial de la trama (en comparación con las premisas de la dramaturgia reformada de Calzabigi) el protagonismo del personaje de Antigona en el nivel musical de la partitura de Traetta es indiscutible. En cada compás se nota hasta qué punto el compositor estaba cuidando del lucimiento de su musa Caterina Gabrielli, una soprano con una voz excepcional y registro suficiente para dar tanto cuerpo a lo dramático como ingravidez a las agilidades más endemoniadas. Pero lo más interesante del tratamiento musical del personaje de Antigona es cómo aparece siempre revestido de un halo mágico de espiritualidad encantadora que da a cada una de sus apariciones una relevancia especial.
Además del uso espectacular de la danza, los coros, los concertantes y las diferentes formas del canto solístico toda la Antigona está sustentada por una orquestación rica en la que destaca d empleo expresivo de los instrumentos de viento entre los que llama la atención la sonoridad, relativamente nueva entonces, de los clarinetes. Con todos los recursos a su alcance, Traetta equilibra la complejidad del libreto de Coltellini concentrándose en la expresión de dos pasiones fundamentalmente: la piedad y el terror.
Javier Suárez-Pajares
Antigona, Ciclo de Ópera Barroca, Consorcio Salamanca 2002

Friday, January 28, 2005

Intervista con Angelo Manzotti

Il sopranista Angelo Manzotti si dedica da tempo alla riscoperta del repertorio storico dei castrati. In questo suo difficile compito, nel 1999, interpretò nell'occasione del 25º Festival della Valle d'Itria, il ruolo di Ippolito nell'Ippolito e Aricia di Traetta.
Il Maestro Manzotti ha perfezionato, con un lungo periodo di allenamento, cominciato autonomamente all’età di dodici anni, una particolare tecnica di canto che gli permette di approssimarsi notevolmente alla maniera di cantare dei castrati, tanto da essere definito da molti il Nuovo Farinelli. Con la sua voce eccezionale ha vinto il Concorso internazionale Luciano Pavarotti nel 1992 e il Premio Timbre de Platine per la sua prima registrazione del CD Arie di Farinelli editato da Bongiovanni nel 1995.

Gianfranco Spada: Lei interpretò Ippolito nel 25º Festival della Valle d'Itria, come fu il suo approccio con la musica di Traetta?
Angelo Manzotti: La musica di Traetta era bellissima e di una modernità notevole. Il mio approccio si è basato sull’avvicinarmi con umiltà per studiare una parte tanto complessa. Le problematiche di carattere belcantistico erano evidenti fin da un primo sguardo e lo studio del fraseggio, della linea del canto mi hanno messo in difficoltà per ricercare colori adatti e per dare un senso appropriato alle frasi musicali. Il ruolo infatti non prevede i classici passaggi vocalizzati del barocco, nelle arie c’è una ricerca della “verità” drammatica che esula spesso dai modi convenzionali del belcanto tipico dell’epoca. Il linguaggio musicale di Traetta si può considerare molto moderno per quel periodo (sembra Mozart ben prima di Mozart); è un canto tutto sul fiato, fatto di dinamiche sfumate e di direzione del fraseggio, quindi non ci dovevano essere sbavature di alcun genere (non so se questo mi è riuscito, ma ci ho messo la mia volontà perché ciò non accadesse)

Quali difficoltà comporta il ruolo di Ippolito, che il castrato Filippo Elisi aveva interpretato per la prima volta?
Le maggiori difficoltà sono legate alla tessitura eccessivamente acuta, infatti alcune cose mi sono state adattate, come in fondo si è sempre fatto anche in passato, dato che si scriveva per un determinato cantante e pertanto si assecondavano nella scrittura musicale le caratteristiche vocali di questo; il ruolo prevede infatti due arie in tessitura da soprano lirico-leggero mentre la seconda aria ha una drammaticità da soprano lirico spinto. Inoltre bisognava rendere la soavità legata alla purezza del personaggio, alla sua dolcezza, evitando di eccedere quindi con bordate di suono, tranne che per gli acuti estremi e per la sola aria drammatica del terzo atto.
Insomma, un ruolo non facile.

Che ricorda di quell'interpretazione di Ippólito della Valle d'Itria?
Circa l’interpretazione ricordo i contrasti tra regista, che voleva Ippolito dolce e delicato come una porcellana e il costumista che mi avrebbe visto come un macho culturista tutto muscoli (che io non posseggo). Naturalmente il regista ha avuto la meglio e questa visione del personaggio è molto più congrua con la musica di Traetta. Ricordo l’emozione della supplica al padre nella mia ultima aria, quando la mia mano si univa alla sua e l’emozione era nei nostri sguardi: credevamo in quella musica e in ciò che stavamo vivendo (e non solo cantando... che sarebbe riduttivo). Un Ippolito tutto infelicità e tormento.
Ricordo anche (purtroppo) il gelo terribile di quelle serate. Il tempo inclemente non ci ha aiutati e la bellissima Puglia in piena estate chi ha letteralmente congelati. Alla seconda recita si vedeva il fiato di noi cantanti a causa del freddo,ed è stato un problema per tutti (ci siamo ammalati...)

Secondo lei, quale può essere la spiegazione che un compositore come Traetta, per molti il "riformatore del melodramma" probabilmente prima di Gluck, e precursore in qualche modo dello stesso Mozart, sia caduto nel dimenticatoio?
Da sempre succede così, non c’è più da stupirsi. Quanti “talenti” discutibili e mediocri vengono idolatrati, semplicemente perché spinti e sostenuti dallo star system o da altre ragioni poco chiare? ( e poco oneste!!!!) Tutt’oggi chi non ha santi in paradiso, pur avendo talento e capacità soccombe e assistiamo al trionfo di artisti mediocri ma ben sponsorizzati. Forse anche a Traetta è stata riservata questa sorte: nulla è nuovo sotto il sole e così, qualcuno meno capace ma molto più sostenuto sotto molti aspetti ha assunto un ruolo che poteva benissimo essere di Traetta e che probabilmente Lui meritava. Non sempre c’è una giustizia che ripaga nella storia, e Traetta è caduto così in oblio. Forse c’era un grande interesse nel sostenere il noioso Gluck e costui aveva appoggi molto più potenti per farsi definire riformatore del melodramma e assurgere a una gloria che avrebbe potuto benissimo essere d’altri...

Dove marca lei la frontiera tra Traetta e Mozart?
La domanda per me è troppo complessa e non ho le competenze musicologiche per rispondere con cognizione di causa. Penso solo all’inizio della sinfonia dell’Ippolito e Aricia e... mi ricorda quella del Flauto magico: ma quest’ultimo non è stato scritto dopo?... Dov’è il confine? Mozart è un genio sicuramente, però ha indubbiamente attinto molto da Traetta, da Luchesi (altro grande dimenticato e molto scopiazzato) e da altri venuti prima di lui. Comunque la domanda esula dalle mie possibilità di conoscenza e così mi fermo qui.

Quale personaggio delle opere composte da Traetta le piacerebbe poter interpretare se si rappresentasse nuovamente?
Non posso dire di conoscere tutto il repertorio operistico di Traetta; comunque nelle 26 opere serie che ha scritto penso ci siano altri ruoli per evirati cantori e se i ruoli sono come quelli dell’Ippolito e Aricia sarebbe interessante poterli avvicinare e studiare. Tutto quindi mi piacerebbe: dai Tindaridi alla Ifigenia in Tauride, dall’Antigone alla Sofonisba, all’Armida.

Lei, con la sua voce incredibile, evoca un’epoca in cui i castrati provocavano il delirio di chi assisteva alle rappresentazioni, infatti potevano passare dalla tessitura di voce di una soprano a quella di un tenore in una sola nota. Come vivono oggi giorno gli spettatori la tendenza a riscoprire un modo di cantare che era stato sostituito da voci femminili?
Gli spettatori vivono benissimo questa cosa, non se ne stupiscono e anzi, vi sono gruppi di sostenitori di queste voci che seguono noi cantanti con affetto e partecipazione. La cosa è vissuta meno bene dalle direzioni artistiche che sono spesso prevenute e che così non danno molto spazio a queste voci (almeno in Italia è così)

Qual é la migliore definizione della sua voce?
Non saprei, e forse non spetta a me dare tale definizione. Io posso solo dire che amo pensare che il canto sia una cosa che parte dall’anima, dal cuore, poi metto il cervello (cioè la tecnica) e in fondo la voce. La mia voce è il mio cuore.

Alcuni critici le hanno definito il Nuovo Farinelli, che le è sembrato il Farinelli cinematografico di Gerard Corbiau?
La parte musicale del film non è male; scenografia e costumi belli, ma il film è una banale invenzione per fare cassetta e di Farinelli, quello vero, c’è ben poco. Non mi è piaciuto molto, però è servito a fare pubblicità al personaggio Farinelli e qualcuno si è così chiesto chi era costui. Diciamo che questo film ha avuto una sua utilità, anche se per conto mio Farinelli lo ricerco nelle biografie serie, nella corrispondenza con Metastasio e nella sua musica.

Maestro Manzotti, la sua vita é ricca di aneddoti come quella di Farinelli?
No, assolutamente. La mia è una vita semplice e tranquilla. Vivo nella quiete della campagna mantovana, studio, seguo il mio giardino, seguo mia madre che è anziana, cucino... e canto. E’ ovvio che qualche aneddoto simpatico c’è: girando e incontrando gente succede, ma nulla di eclatante o significativo. Insomma, una vita tranquilla e a volte un po’ noiosa, fatta spesso di solitudine pacata e quieta.

Attualmente, una parte della critica rifiuta a priori che sopranisti o contratenori, per molti gli eredi dei castrati, interpretino ruoli scritti per questi. Che opinione le produce questo rifiuto?
I preconcetti son sempre esistiti, un po’ come i raccomandati citati prima. Comunque da molto io canto solo per il pubblico, dei critici mi importa ben poco e per loro ho smesso di cantare già da un pezzo. Se non ci fosse la gente che segue, ascolta, ama, io non esisterei, quindi per loro canto. Il pubblico si vuole emozionare e io sono lì per dare ciò che ho dentro, ciò che sento. In quanto ai critici e alle loro prevenzioni non so che dire. Li lascio parlare e il tempo farà il resto. Ci sono recensioni degli anni ’50 che parlano malissimo di una certa Maria Callas: lei è una grande e lo rimarrà nel tempo... e nessuno ricorda il nome di quei critici.

Ha avuto occasione di ascoltare le registrazioni del Moreschi, l'ultimo castrato? Che ne pensa?
Le registrazioni risalgono al 1902/1904 e la qualità non aiuta. La voce può sembrare strana, ma di tanto in tanto, qualche nota non priva di fascino esce da quella registrazione e impressiona molto, trasporta in un’altra dimensione. Con molte riserve, ma quel disco mi affascina.

Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?
Per ora concerti e forse un’opera in prima assoluta, ma preferisco non parlare di questo, perdonatemi.

Quali sono i suoi cinque link preferiti in Internet che raccomanderebbe ai nostri lettori?
Io sono letteralmente un “brocco” del computer e quindi non lo uso molto, perciò mi risulta difficile dire quali sono. Ne posso citare uno che rende un grande servigio al talento di Haendel:
www.haendel.it

Per terminare, tra i dischi che lei ha registrato quale consiglia ai nostri lettori?
Io non amo molto le mie registrazioni, però qualcosa non mi spiace. Consiglio il Cd con Arie di Rossini (autore che io amo infinitamente) edito da Bongiovanni e poi, per chi li trova, i miei Cd dal vivo che a volte vengono venduti durante i miei concerti: sono tra le cose più belle che ho fatto e danno un’idea reale di quelle che sono le mie possibilità dal vivo, e dell’interazione tra cantante e pubblico. Sono registrazioni un po’ artigianali, ma ringrazio chi le ha fatte e penso che in esse vi siano molte cose apprezzabili.

Gianfranco Spada, ©Traetta.com
Approfondimenti:
Cd registrato in occasione del 25º Festival della Valle d'Itria, nel 1999