Friday, December 01, 2000

Nel tempio canoro dei secoli

Fabrizio Dorsi e Giuseppe Rausa,
Storia dell'opera italiana,
Milano, Bruno Mondadori, 2000.


La vulgata dell'opera italiana, fino a ieri, era solita tormentare i nostri sonni con un orrido mostro storiografico, dotato della sola gigantesca testa, ovvero Claudio Monteverdi, e di due lunghissime gambe, ovvero il melodramma romantico e verista. Rausa e Dorsi, con pietosa chirurgia, sono riusciti brillantemente nell'intento di ricucire, a questo ammasso sconsolante e informe, il busto, ovvero l'opera barocca e quella cosiddetta "eclettica" (solitamente assimilate nella avvilente e valutativa etichetta di "opera preclassica") e due solidi piedini, ovvero una seria indagine nell'opera contemporanea - con uno spaccato davvero innovativo sul repertorio del ventennio fascista e sull'osmosi costante fra società segrete, fermenti risorgimentali e teatro d'opera - che si spinge fino all'anno di pubblicazione del volume. Ecco dunque smontati, al di fuori dei circoli carbonari della musicologia internazionale, alcuni logori miti derivati dalla complice storiografia musicale tedesca. Ad esempio, il concetto di "riforma gluckiana", volto a istituire un filo di continuità fra la riforma wagneriana, anti italiana e anti melodrammatica, e l'opera "riformata" del grande boemo, in cui in realtà confluirono, a vertiginose altezze di stile, i faticosi percorsi di rinnovamento di eccellenti operisti italiani, come Traetta e Jommelli, e di meno noti librettisti e impresari. Ecco ancora riemergere da un silenzio secolare il volto del Vivaldi operista, o ben delineati profili dei grandi canonizzatori delle strutture formali dell'opera italiana, come Antonio Cesti o Francesco Cavalli. Inoltre la struttura del libro, articolata per successione di epoche storiche e non attraverso il consueto susseguirsi di profili monografici, offre una accurata storicizzazione di aspetti solitamente relegati ai margini dell'attività di compositori ancor oggi oscurati dal cono d'ombra della rigida selezione del repertorio e del gusto del pubblico: pensiamo, ad esempio, alla nuova luce che investe l'apprendistato donizzettiano del giovane Verdi in lavori come Oberto e un giorno di regno, alla decisa rivalutazione del Rossini "serio" di Otello, Semiramide e Elisabetta, ma anche ad un accurato sondaggio dei fermenti di rinnovamento che attraversano il nostro verismo (ad esempio, il tormentato sperimentalismo di Mascagni dopo il successo di Cavalleria rusticana) e alle alterne sorti dell'"opera wagneriana". Non si può peraltro negare che alcuni aspetti non trascurabili del lavoro destino più di una perplessità. Infatti non si comprende bene quale solidità metodologica abbia la scelta di limitare il campo di indagine non all'"opera in italiano", né all'"opera in Italia", bensì alle "opere messe in musica da compositori nati e formatisi in italia", se non quello di ridurre, in base ad un criterio geografico assai dubbio, lo spettro troppo ampio della trattazione. Come ò possibile, in una sintesi storica che se occupò di"opera italiana", trattare approfonditamente Rossini e Salieri tacendo di Mozart, o disegnare il profilo di pur eccellenti operisti del Settecento, come Bononcini e Porpora, senza affrontare il più grande operista "serio" di quel secolo (e forse anche dei successivi), "il caro sassone" loro rivale, Georg Frederic Handel? E come si può ritenere che compositori come Cherubini e Spontini, che scrissero le prime edizioni dei loro capolavori in francese, abbiano avuto, più di Graun o Hasse, una formazione italiana? Per non dire ancora di Traetta e Jommelli, la cui formazione e attività se svolse a tal punto all'insegna del cosmopolitismo, da sbiadire fortemente il già labile concetto di “nati e formatisi in Italia”
Tuttavia, benché possa apparire fragilissima la convinzione, di continuo ribadita ma mai seriamente documentata, di un declino del teatro d'opera causato dall'avvento del cinema e, in seguito, del pop e del rock, nel nome di una americanizzazione della cultura europea, o possano sembrare fin troppo scolastiche e generiche le nozioni che dovrebbero disegnare il quadro storico generale, non si potrà non riconoscere che questo libro, per molti versi innovativo, è un viatico insostituibile per chi voglia avvicinarsi, senza i ferri dello specialista, al mondo in larga misura sommerso dell'opera italiana.

Enio Bruschi, Milleottocentosessantanove nº27

STORIA DELL’OPERA ITALIANA
da BrunoMondadori.com
Il testo ricostruisce quattro secoli di storia dell’opera in musica, dal primo fiorire in Italia alla rapida diffusione in tutta Europa, fino al trionfo come genere di spettacolo principee al malinconico declino. Per i primi duecento anni si prende in esame il teatro d’opera nel suo complesso, tenendo presente che la musica è solo una delle componenti dello spettacolo, e non necessariamente la più importante, mentre è l’intera rappresentazione a essere valutata. Si dedica quindi spazio anche alla trattatistica, al sistema produttivo, al dibattito teorico, alla vocalità, senza tralasciare la librettistica e la scenografia, inquadrando il tutto nel più ampio contesto culturale e letterario.Quando però il compositore inizia a esercitare una funzione egemonica sulle componenti dell’azione drammatica e a venire identificato come tale dalla sensibilità del pubblico, la storia del teatro d’opera si trasforma in storia delle singole opere, eventi annunciati, attesi e giudicati in quanto tali, nonché potenzialmente destinati a sopravvivere. Per i due secoli successivi quindi la trattazione illustra lo sviluppo del teatro lirico attraverso un meticoloso esame delle singole partiture. Le caratteristiche peculiari e gli aspetti artistici rivelanti di ogni opera vengono indicati attraverso un metodo analitico-descrittivo che permette al lettore di “verificare” ogni asserzione. Ne nasce una sorta di vasta guida all’ascolto la quale propone differenti percorsi nell’”armonioso labirinto”, percorsi utili sia al neofita, sia al cultore della materia.Il testo mira a riscoprire una notevole quantità di lavori del Novecento ingiustamente caduti nell’oblio e cerca di individuare le enigmatiche cause della progressiva scomparsa del melodramma, spettacolo popolare sostituito dal più universale racconto cinematografico hollywoodiano nel nuovo scenario mondiale postbellico, monopolizzato dalla cultura americana.

INDICE
Introduzione1. L’opera di corte (1600-1636)
2. L’opera impresariale (1637-1694)
3. Tra Venezia e Napoli (1695-1724)
4. L’opera metastasiana (1725-1754)
5. L’opera eclettica (1755-1799)
6. L’opera comica (1749-1799)
7. L’epoca di Gioachino Rossini (1800-1829)
8. L’epoca di Bellini e Donizetti (1830-1841)
9. L’epoca di Verdi (1842-1871)
10. In cammico verso il dramma musicale (1872-1889)
11. Il verismo e la Giovane Scuola (1890-1924)
12. Il teatro musicale nell’era fascista (1925-1945)
13. Il crepuscolo del melodramma (1945-2000)
Cronologia e discografia